A denunciare l’accaduto è il sindacato Sudd Cobas, che racconta scene da far rabbrividire: la titolare dell’azienda avrebbe assaltato i lavoratori, distruggendo il presidio e passando direttamente alla violenza fisica. Non basta: poco dopo sarebbe arrivata un’auto con altre persone, che avrebbero continuato l’aggressione ai danni di chi stava esercitando un diritto costituzionale, quello di scioperare per difendere il proprio posto di lavoro.
Un anno dopo Seano, la storia si ripete
La memoria è corta, ma non per i lavoratori. Quasi un anno fa, a Seano, un altro presidio sindacale fu attaccato a bastonate. Oggi la scena si ripete, con la stessa ferocia, nello stesso distretto. Possibile che in questa città del tessile e della moda la violenza contro chi lotta per la dignità sia diventata la norma? Possibile che si possa passare impunemente dalle parole ai colpi, dai licenziamenti alle spranghe?
La contraddizione del lusso: capi che valgono stipendi interi
C’è un dato che grida vendetta. Gli operai presi a pugni non lavorano in qualche oscura confezione del sottobosco industriale, ma cuciono e stirano abiti destinati alle vetrine patinate delle grandi firme. Capi che in negozio costano quanto un loro stipendio, se non di più. Eppure a loro, ai lavoratori che rendono possibile il “Made in Italy”, tocca la miseria: contratti precari, aziende che chiudono e riaprono sotto altri nomi, condizioni da far inorridire e, quando osano alzare la testa, la violenza fisica.
Questa non è produzione, questa è una giungla di appalti e subappalti, un sistema che ingrassa i marchi della moda internazionale e scarica il prezzo più alto sulle spalle degli operai. Un sistema dove a chi chiede diritti si risponde con cazzotti
La responsabilità dei grandi marchi
Il sindacato lo dice chiaramente: i committenti non pensino di lavarsene le mani. Quando i lavoratori vengono picchiati per difendere i loro diritti, i grandi brand non possono fingere di non vedere. Questi episodi non sono incidenti di percorso, sono il frutto di una catena produttiva che si regge sullo sfruttamento. Ogni volta che un vestito di lusso entra in boutique, porta cucita dentro anche questa vergogna.
La città dei diritti negati
“Prato non può più essere la città dei diritti negati e della violenza contro chi sciopera”, tuona il Sudd Cobas, che annuncia nuove mobilitazioni. E qui non si tratta solo di operai, ma di dignità collettiva. Perché se in una città chi lavora viene picchiato invece che ascoltato, allora il problema riguarda tutti: cittadini, istituzioni, società civile.
E la domanda resta sospesa, più dura che mai: quanto ancora dovremo assistere a scene di questo tipo prima che qualcuno, a livello politico e istituzionale, decida di spezzare il silenzio e di assumersi le proprie responsabilità?
