CONGREGAZIONE OPERAIO DEL DUEMILA

Sbarra e Moschetto: la favola moderna del sindacalista che ce l’ha fatta (contro di noi)

E alla fine ce l’ha fatta. Luigi Sbarra, già segretario della CISL, è diventato Sottosegretario per il Sud nel governo Meloni. Ma dai, chi l’avrebbe mai detto? C’è chi si è sorpreso, chi ha alzato le sopracciglia, chi ha cambiato canale. Ma noi no. Anzi, diciamolo: era tutto scritto, e in caratteri nemmeno troppo piccoli.


È il premio alla coerenza. Alla fedeltà. All’obbedienza. A chi, in nome del “dialogo costruttivo” con il governo, ha firmato contratti che definire “al ribasso” è fargli un complimento. Contratti con aumenti che evaporano prima ancora di arrivare in busta paga. Contratti che tagliano il potere d’acquisto del 10% ma fanno impennare le carriere… dei firmatari. Eh sì, perché mentre a noi tocca fare i conti con bollette, mutui e stipendi sempre più striminziti, c’è chi si ritrova con un ufficio nuovo a Roma, magari con vista su Palazzo Chigi.


E allora sì, brindiamo. Ma non a Sbarra — che, sia chiaro, non riceverà da noi nessun augurio se non quello di fallire, possibilmente alla grande, insieme a chi considera i lavoratori un fastidioso ostacolo tra sé e il profitto. Brindiamo invece alla lucidità, se ancora ne abbiamo un po’. Brindiamo a quel briciolo di dignità operaia, pubblica o privata che sia, che ogni tanto ci sussurra che forse è il caso di svegliarsi, di guardarci intorno e di chiederci: ma a che gioco stiamo giocando?


Perché qui non si tratta più solo di CISL o USB, CGIL o UIL. Qui si tratta di noi. Di capire se il sindacato che ci rappresenta — o dice di farlo — sta davvero dalla nostra parte. O se, con un occhio alle trattative e l’altro al proprio curriculum, sta solo facendo carriera sulla nostra pelle.


Cari lavoratori e care lavoratrici, non importa a quale sigla apparteniate. Il problema è un altro: quando un sindacato smette di essere scomodo per il potere, forse ha smesso anche di rappresentare noi.


Facciamoci una domanda semplice: quanti sacrifici ancora siamo disposti a firmare, accettare, ingoiare — e quanti “Sbarra” dobbiamo vedere premiati — prima di dire basta? Prima di pretendere un sindacato che torni nelle piazze, nei luoghi di lavoro, nei turni di notte, tra i banchi delle scuole e nei reparti degli ospedali. Non nei salotti del potere, non nei corridoi ministeriali.


Il futuro non ce lo costruiranno le poltrone. Ma la nostra capacità di non farci più prendere in giro.

Fonte: USB.it

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