Riconoscerli è il primo passo per difenderti. Anche per denunciare.
1. Minacce – Art. 612 c.p.
«Se fai così, ti licenzio.»
«Se non ci stai, domani non vieni più.»
Le minacce non devono per forza essere urlate. A volte arrivano sussurrate, con un sorriso falso o con un tono paternalistico. Ma se qualcuno ti intimidisce per ottenere qualcosa (un favore, un comportamento, il tuo silenzio), siamo nel campo del reato.
Cosa fare?
Annota la frase, la data, il contesto. Se puoi, cerca testimoni. La minaccia è perseguibile anche senza lesione concreta.
2. Molestie – Art. 660 c.p.
Battute a sfondo sessuale, sguardi insistenti, messaggi fuori luogo. Ma anche insistenza verbale, richieste inappropriate, invasioni del tuo spazio fisico. La molestia non riguarda solo la sfera sessuale.
Anche un comportamento reiterato e fastidioso, mirato a disturbarti o metterti a disagio, è perseguibile per legge.
👉 Cosa fare?
Non ridere per forza. Non sminuire. Parla con un referente, documenta l’accaduto e non avere paura di dire “basta”.
3. Diffamazione – Art. 595 c.p.
«Quella è un’incapace.»
«Quello ruba sul lavoro, lo sanno tutti.»
Se un collega o un superiore parla male di te davanti ad altri, senza che tu sia presente, con lo scopo di danneggiarti, quella è diffamazione. E può rovinarti la reputazione, farti perdere opportunità e creare un clima tossico.
👉 Cosa fare?
Raccogli testimonianze. Salva eventuali messaggi, email o audio. La diffamazione è un reato grave, anche sul lavoro.
4. Atti persecutori (Stalking) – Art. 612-bis c.p.
Ti viene a cercare ovunque. Ti invia messaggi a tutte le ore.
Ti aspetta fuori, ti controlla, ti segue.
Lo fa “per amore”, “per affetto”, “per aiutarti”. Ma è stalking.
Anche tra colleghi, anche dentro l’azienda, si può parlare di atti persecutori.
E la legge italiana li riconosce e li punisce con severità.
👉 Cosa fare?
Denuncia. Non aspettare che la situazione peggiori. Il primo passo può essere rivolgersi ai carabinieri o a un centro antiviolenza.
5. Violenza privata – Art. 610 c.p.
«Non puoi uscire finché non firmi.»
«Ti blocco la richiesta ferie se non fai come dico.»
«Ti tolgo il badge se non lavori di più.»
Costringerti a fare qualcosa contro la tua volontà, privandoti della libertà di scelta, è violenza privata. Una forma subdola, ma diffusa, di coercizione psicologica.
👉 Cosa fare?
Segnala. A un sindacato, a un avvocato, a un ente del lavoro. Nessuno ha il diritto di impedirti di agire liberamente.
6. Violenza sessuale – Art. 609-bis c.p.
No, non serve lo stupro per parlare di violenza sessuale. Basta un tocco non richiesto. Una carezza, una mano sulla schiena, una pressione sul corpo. Se non c’è il tuo consenso, è reato. Punto.
Anche in ambito lavorativo, anche se fatto con “ironia”, anche se l’altro ti dice:
«Ma dai, stai al gioco…»
👉 Cosa fare?
Rivolgiti a un centro antiviolenza. Parla con una persona di fiducia. Chi denuncia non è mai colpevole.
7. Umiliazione sistematica
«Sei inutile.»
«Fai solo danni.»
«Ma chi ti ha assunto?»
Le parole possono colpire più forte di uno schiaffo. Soprattutto quando arrivano ogni giorno, magari in pubblico, magari davanti ai colleghi.
Non è “carattere”, non è “stile di comando”. È abuso.
👉 Cosa fare?
Documenta ogni episodio. L’umiliazione sistematica può costituire mobbing e può essere perseguita in sede civile o penale.
8. Isolamento e ostracismo
Nessuno ti parla.
Non ti invitano alle riunioni.
Ti lasciano fuori dalle chat di lavoro, dai progetti, dalle pause caffè.
L’isolamento sociale è una forma di violenza psicologica che mina l’autostima e il senso di appartenenza.
È subdola, difficile da spiegare, ma profondamente lesiva.
👉 Cosa fare?
Non chiuderti. Parla con un responsabile, segnala. Se l’isolamento è voluto e continuato, rientra nella logica del mobbing.
Fermati. Rifletti. Agisci.
Se hai riconosciuto anche solo uno di questi comportamenti, non sei debole.
Se ti sei sentito solo, umiliato o spaventato, non è colpa tua.
Ma ora sai che non sei nemmeno impotente.
L’Italia ha un Codice Penale che tutela i lavoratori.
I sindacati, gli avvocati del lavoro, i centri antiviolenza e le associazioni possono aiutarti a non restare in silenzio.
Il primo passo?
Parlare. Scrivere. Segnalare. Denunciare.
Perché anche una sola voce può spezzare il silenzio di mille abusi.