CONGREGAZIONE OPERAIO DEL DUEMILA

Operai specializzati introvabili: l’Italia rischia il blocco produttivo

Edilizia e manifatturiero i settori più colpiti. A vuoto 4 colloqui su 10: mancano saldatori, carpentieri, fresatori e gruisti. Nordest in emergenza, Sud leggermente più “avvantaggiato”.

Nel 2024 il mercato del lavoro italiano ha mostrato una contraddizione che fotografa bene la fragilità del nostro sistema economico: da un lato la domanda di operai specializzati è cresciuta fino a toccare 840mila nuove posizioni su un totale di 5,5 milioni di ingressi previsti; dall’altro, più di sei imprenditori su dieci (63,8%) hanno dichiarato di non riuscire a trovare le figure richieste. Un paradosso che rallenta la crescita di settori vitali per il Paese, in particolare edilizia e manifatturiero.

L’Ufficio studi della Cgia di Mestre, elaborando i dati di Unioncamere-Ministero del Lavoro (Excelsior), sottolinea un quadro che va oltre la semplice difficoltà di assunzione: i processi di selezione, quando vanno a buon fine, richiedono in media cinque mesi e in quattro casi su dieci falliscono già al primo step, perché i candidati non si presentano nemmeno al colloquio.

Chi sono gli “introvabili”

Le figure più richieste – e allo stesso tempo più carenti – sono quelle che richiedono abilità tecniche elevate e anni di esperienza sul campo:

  • Carpentieri e gruisti, fondamentali nell’edilizia.

  • Fresatori e saldatori, richiesti soprattutto nella metalmeccanica.

  • Operatori di macchine a controllo numerico (CNC), indispensabili per l’automazione dei processi produttivi.

Non si tratta di mansioni improvvisabili: richiedono formazione mirata, aggiornamento costante e una predisposizione a lavori fisicamente impegnativi, spesso svolti con orari rigidi.

Le cause del mismatch

Secondo la Cgia, le ragioni dello scostamento tra domanda e offerta sono molteplici e intrecciate:

  1. Declino demografico: meno giovani in età lavorativa e quindi meno candidati potenziali.

  2. Formazione inadeguata: scuole tecniche e professionali non dialogano abbastanza con le imprese; mancano corsi aggiornati che preparino alle competenze richieste oggi.

  3. Nuove aspettative dei giovani: le nuove generazioni ricercano flessibilità, autonomia, tempo libero e sono meno disposte ad accettare lavori usuranti, soprattutto nei weekend.

  4. Scarsa attrattività del lavoro manuale: per anni si è spinto culturalmente verso l’università e i “lavori intellettuali”, trascurando la dignità e le prospettive dei mestieri tecnici.

  5. Condizioni salariali non sempre competitive: molte aziende, soprattutto le piccole, non riescono ad offrire stipendi adeguati al livello di fatica e competenze richieste.

Dove si soffre di più

Geograficamente, il problema non colpisce in maniera uniforme:

  • Nordest in emergenza: in Trentino-Alto Adige la difficoltà di reperimento ha toccato il 56,5%, seguito dal Friuli Venezia Giulia (55,3%), dall’Umbria (55%) e dal Veneto (51,5%).

  • Centro e Nord più in difficoltà: dove l’industria manifatturiera e l’edilizia sono più diffuse, la carenza di operai specializzati rallenta interi comparti.

  • Mezzogiorno più “avvantaggiato”: in Sicilia la difficoltà è stata del 42%, in Puglia del 41,9 e in Campania del 41. La ragione? Qui la disoccupazione generale è più alta e la platea di candidati potenziali è più ampia, seppur non sempre adeguatamente formata.

Le città che assumono di più

Tra agosto e ottobre 2025 le imprese prevedono 1,4 milioni di nuove entrate. In testa ci sono le grandi aree metropolitane:

  • Milano: 115.280 assunzioni previste.

  • Roma: 114.200.

  • Napoli: 60.290.

  • Seguono Torino (42.530)Bari (42.060) e Brescia (31.930).

Quali soluzioni possibili?

Il nodo centrale è culturale e strutturale: l’Italia deve recuperare la dignità del lavoro manuale e tecnico, valorizzandolo come in Germania o Svizzera. Alcune possibili linee di intervento:

  • Potenziare gli istituti tecnici e professionali, rafforzando il legame con le imprese e introducendo più formazione pratica.

  • Incentivare l’apprendistato, per favorire l’inserimento graduale dei giovani in azienda.

  • Rivalutare le retribuzioni, rendendole più proporzionate all’impegno e alla responsabilità.

  • Campagne di comunicazione per restituire prestigio sociale a professioni spesso viste come “di serie B”.

  • Immigrazione qualificata: in assenza di candidati italiani, molte aziende si rivolgono a lavoratori stranieri, spesso già esperti.

Una sfida per il futuro

Se il trend non verrà invertito, il rischio è duplice: da un lato le imprese italiane potrebbero rallentare la produzione o delocalizzare, dall’altro intere generazioni di giovani rischiano di perdere opportunità di lavoro stabili e ben retribuite.

Il mercato manda un messaggio chiaro: gli operai specializzati sono e resteranno la spina dorsale del Paese. Eppure, senza un cambio di rotta su formazione, salari e cultura del lavoro, l’Italia continuerà a vivere il paradosso di posti vacanti e disoccupati in cerca di occupazione.

Nuova Vecchia

ads

ads