CONGREGAZIONE OPERAIO DEL DUEMILA

Altro che pizza e mandolino: la maxi truffa da 80 milioni arriva con l’Alpenliebe

False cooperative, 850 lavoratori sfruttati e un business a “zero gradi” di etica nel cuore produttivo del Nord


Altro che terroni e furbetti del cartellino. A dimostrare che il genio dell’illegalità non ha latitudine preferita, arriva una sontuosa frode da oltre 80 milioni di euro, messa a segno non tra i vicoli di Napoli, ma tra le nebbie operose di Trentino-Alto Adige, Veneto e Lombardia. La truffa? Da manuale. Lavoratori sfruttati, cooperative fasulle, fatture gonfiate e profitti riciclati come bresaola d’importazione. Il tutto, ovviamente, con l’eleganza tipica di chi, in queste zone, ama fare le cose “a modino”.


Siamo nel cuore pulsante del Nord Italia, dove ogni angolo profuma di efficienza, dove la puntualità è una religione e la produttività una vocazione. Ma sotto questa superficie levigata da decenni di retorica industriale e managerialità modello Excel, si nascondeva una vera e propria catena di montaggio del crimine fiscale, architettata con precisione quasi svizzera.

La nuova frontiera del lavoro: a basso costo, senza diritti, ma con regolare fattura falsa

Il meccanismo era talmente oliato che avrebbe potuto ricevere un premio per l’ingegneria criminale: al vertice, un imprenditore altoatesino e un collega campano (che l’unità d’Italia, a modo loro, l’avevano realizzata), affiancati da un consulente fiscale partenopeo. La santa trinità dell’evasione.

Il loro colpo di genio? Una rete di false cooperative – di quelle che, sulla carta, dovrebbero garantire solidarietà e mutuo soccorso – che invece sfornava manodopera sottopagata da distribuire alle aziende del Nord, in particolare nel settore della grande distribuzione e della lavorazione delle carni. Sì, proprio quelle aziende che ci tengono tanto alla qualità del prodotto e alla tracciabilità. Dei salumi, però. Dei lavoratori, nessuna traccia.

850 lavoratori, per lo più ignari o disperati, venivano assunti pro forma da cooperative che si facevano carico degli oneri contributivi, per poi “scaricarli” con un gioco di prestigio contabile: le fatture false emesse da ditte intestate a prestanome (spesso soggetti fragili e indigenti) servivano a simulare costi inesistenti e abbattere magicamente le spese reali. Una specie di Harry Potter del bilancio aziendale, ma con la bacchetta fatta di Excel e Partita IVA.

Cooperative? No, cartiere travestite

C’erano le cooperative, certo. Quelle vere però le trovi su Wikipedia, perché qui si trattava di strutture piramidali fatte apposta per assumere i lavoratori e offrire i servizi alle imprese clienti, le quali – naturalmente – sapevano benissimo come stavano le cose. Ma che problema c’è? L’importante era avere manodopera da spremere, senza mal di testa legati a ferie, malattia, TFR, sicurezza o sindacati. Praticamente un sogno padronale in formato smart.

E mentre i lavoratori faticavano in silenzio, i committenti si godevano i frutti: costi dimezzati, zero grane sindacali e addirittura crediti IVA da fatture per operazioni mai esistite. Altro che detassazione del lavoro: qui siamo nel regno della delocalizzazione del diritto.

L’imprenditore altoatesino: il ponte tra le Alpi e il Vesuvio

Tra l’alta efficienza altoatesina e la creatività partenopea, si è consolidata una sinergia che farebbe invidia a qualsiasi progetto di coesione territoriale europea. L’imprenditore del Nord aveva il compito di fare da broker del malaffare: raccoglieva le commesse nel territorio produttivo e gestiva l’arrivo della manodopera (rigorosamente sottopagata), come un tour operator della precarietà.

Nel tempo, il castello di carta è diventato un grattacielo: 29 persone indagate, decine di ditte fittizie intestate a prestanome, cooperative che duravano il tempo di una busta paga e scomparivano prima che arrivasse un controllo. Un vortice di denaro, lavoro grigio e finanza creativa, il tutto all’ombra di montagne incantate e paesaggi da cartolina.

Maxi frode, maxi gaffe per il mito del Nord “virtuoso”

Ora qualcuno potrebbe essere tentato di pensare: “Ma al Sud lo fanno meglio!”. Ebbene, questa inchiesta dimostra che anche il Nord ha i suoi scugnizzi in doppiopetto. Solo che al posto della truffa del reddito di cittadinanza, qui si gioca al Superenalotto dell’evasione fiscale.

La Guardia di Finanza di Bolzano – che a quanto pare ha ancora qualche briciolo di spirito alpino incorruttibile – ha scoperchiato il vaso di pandoro. Risultato: tre arresti domiciliari, 14 milioni di euro sequestrati (per ora) e una narrazione che si sgretola.

Perché, diciamocelo: fa comodo pensare che le frodi si annidino solo nei quartieri spagnoli o tra i vicoli di Palermo. Ma questa truffa dimostra che anche tra i vigneti del Prosecco e le fabbrichette lombarde si può costruire un impero illegale, fatto non di scippi o rapine, ma di contabilità creativa, sfruttamento e compiacenza istituzionale.

Considerazioni finali: a ciascuno la sua illegalità

Siamo stanchi del dualismo moralista che divide l’Italia tra un Sud imbroglione e un Nord virtuoso. Il crimine, come il talento, è democratico. E questa indagine è la prova che l’illegalità non indossa solo la tuta da muratore o il giubbotto da rider: può indossare anche un gilet elegante, una camicia stirata e parlare fluentemente tedesco.

Quindi, la prossima volta che qualcuno ti parla del “Sud che ruba”, ricordagli che anche a Bolzano, Verona e Bergamo si lavora… sull’ottimizzazione fiscale. Con cooperative, certo. Ma rigorosamente “alla tirolese”.
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