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Il Comune di Palermo mostra questa foto con orgoglio. La pubblica sul suo profilo ufficiale per annunciare l’avvio dei lavori per la messa in sicurezza del padiglione 22 della Fiera del Mediterraneo. Un dettaglio: nella foto, un operaio è immortalato su un tetto, mentre lavora con un bruciatore a gas acceso. E non indossa alcun dispositivo di protezione individuale. Niente casco, niente mascherina, niente tuta ignifuga, niente scarpe antinfortunistiche. Nulla.
Lo ha fatto notare Marco Travaglio, riprendendo un articolo di Saul Caia. Ma chiunque abbia un minimo di coscienza civile e rispetto per chi lavora dovrebbe fermarsi a riflettere.
Perché questa foto non è stata scattata di nascosto. Non è la denuncia indignata di un sindacato, né la testimonianza scioccante di un collega. È una foto istituzionale, allegata a un comunicato stampa ufficiale. Un’immagine che dovrebbe raccontare progresso, sicurezza, futuro… e invece grida vergogna, incuria, superficialità.
Dov’è la sicurezza di cui si parla?
Dov’è l’attenzione per la vita dell’uomo che lavora, esposto a ogni rischio possibile, sopra un tetto, senza alcuna protezione?
La realtà è che quella foto non è un’eccezione. È lo specchio fedele di un’Italia in cui la sicurezza sul lavoro è ancora considerata un optional. Un fastidio burocratico. Una perdita di tempo.
Ma la sicurezza non è una scocciatura: è un diritto. È la differenza tra tornare a casa la sera o finire in un bollettino di cronaca.
E c’è un altro aspetto, ancora più inquietante: chi ha autorizzato quella pubblicazione non ha nemmeno percepito il pericolo. Nessuno, a quanto pare, ha detto: “Fermiamoci, questa immagine non è un vanto, è una denuncia”. No. È passata. Senza filtri. Senza vergogna. Con orgoglio, addirittura.
Viviamo in un Paese in cui un lavoratore su tre non ha accesso ai dispositivi minimi di protezione. Dove la formazione è spesso inesistente, e i controlli sono troppo pochi. Dove il profitto viene prima della vita.
E mentre le statistiche ci parlano di centinaia di morti bianche ogni anno, il Comune di Palermo pubblica la foto di un uomo sospeso nel vuoto, da solo, esposto, invisibile.
E allora la domanda è: quanto vale, oggi, la vita di un operaio?
Perché se quella foto è davvero rappresentativa del modo in cui si intendono i lavori pubblici in Italia, allora non siamo solo davanti a un errore. Siamo davanti a un disastro culturale, umano e istituzionale.
Io quella foto non riesco a togliermela dalla testa. Perché racconta tutto. Racconta il lavoro umiliato, la sicurezza ignorata, lo Stato assente. Racconta un’Italia che si è abituata a tutto, anche a questo.
E allora oggi, più che indignarmi, mi sento in dovere di alzare la voce.
Perché finché le istituzioni continueranno a mostrare con orgoglio immagini di insicurezza, ci sarà bisogno di cittadini, giornalisti e lavoratori che ricordino a tutti che sul lavoro non si muore. Sul lavoro si vive.