Un SUV Grand Cherokee fiammante con vetri oscurati, spese “presunte” di cui nessuno sa nulla e oltre cinquemila iscritti che esistono solo sulla carta. No, non è la sceneggiatura di un film sulla corruzione sindacale, ma la realtà vergognosa che ha portato la CGIL nazionale a commissariare la SLC di Napoli e della Campania. Un terremoto che ha travolto l’intera segreteria guidata da anni da Gianluca Daniele, ex consigliere regionale del PD, lasciando emergere un quadro a dir poco disgustoso di mala gestione, opacità e, diciamolo pure, una presa in giro ai danni dei lavoratori.
IL CASTELLO DI SABBIA DELLA CGIL NAPOLETANA
La CGIL è sempre stata in prima linea a predicare moralità, giustizia sociale e diritti dei lavoratori. Peccato che, mentre si riempiva la bocca di grandi proclami, qualcuno all’interno del sindacato pensava bene di dedicarsi ad attività ben più redditizie: auto di lusso, spese senza rendicontazione e migliaia di iscritti fantasma che, sulla carta, facevano numero ma nella realtà erano semplici nomi usati per gonfiare i bilanci.
Quando Maurizio Landini e il segretario regionale Nicola Ricci hanno scoperto lo scempio, hanno deciso di intervenire con il pugno di ferro. Il 27 gennaio è arrivata la scure: commissariamento immediato, azzeramento della segreteria e un silenzio assordante da parte dei diretti interessati, che ora rischiano di dover rispondere davanti alla giustizia. Sì, perché la CGIL nazionale sta seriamente valutando di agire per vie legali contro gli ex vertici della SLC Campania.
I SINDACATI DOVREBBERO DIFENDERE I LAVORATORI, NON INGANNARLI
Lo scandalo di Napoli è l’ennesima pugnalata alle spalle di chi crede ancora nella funzione nobile del sindacato. Il compito di queste organizzazioni dovrebbe essere quello di difendere i diritti dei lavoratori, combattere il precariato e garantire condizioni dignitose a chi ogni giorno si spezza la schiena per portare a casa uno stipendio. E invece, cosa abbiamo? Dirigenti che giocano con i soldi delle tessere, mentre il settore dello spettacolo e delle comunicazioni—uno dei più colpiti dalla precarietà—resta senza una vera rappresentanza.
Pensiamo ai lavoratori del Teatro San Carlo, ai precari del comparto comunicazione, agli operatori dell’informazione che ogni giorno subiscono tagli e riduzioni di personale. Per anni sono stati rappresentati da un gruppo dirigente che, a quanto pare, aveva come priorità ben altre faccende.
QUANTO È DIFFUSA QUESTA PRATICA?
La domanda ora è: il marcio si ferma qui? O lo scandalo della CGIL di Napoli è solo la punta di un iceberg ben più profondo? Perché se è stato possibile far risultare iscritti inesistenti, se sono state spese somme di denaro in modo così oscuro, viene spontaneo chiedersi quanti altri comparti del sindacato siano gestiti con la stessa, vergognosa leggerezza.
Il commissariamento è solo un primo passo, ma non basta. Serve un’indagine seria, trasparente e indipendente per far emergere fino in fondo tutte le responsabilità. E, soprattutto, servono punizioni esemplari: chi ha usato il sindacato come un bancomat personale deve essere cacciato e perseguito senza alcuna esitazione.
I LAVORATORI MERITANO RISPETTO, NON FUMO NEGLI OCCHI
Per anni, i sindacati hanno perso credibilità agli occhi dei lavoratori. Episodi come questo non fanno che aumentare il distacco tra il mondo del lavoro e chi, in teoria, dovrebbe rappresentarlo. Se la CGIL vuole recuperare un briciolo di dignità, deve fare pulizia fino in fondo, senza guardare in faccia nessuno.
Perché una cosa è certa: i lavoratori non dimenticano e non perdonano.
